Le necropoli
Attraverso l'epigrafia funeraria di Uchi Maius è possibile tentare di ricostruire il quadro della dislocazione topografica delle c.d. "città dei morti", i luoghi di sepoltura utilizzati dagli abitanti della città. Sviluppatosi su una sommità collinare (attuale collina di Henchir ed Douamis), l'abitato di Uchi Maius pare caratterizzato da un progressivo ampliamento lungo i fianchi meridionale e orientale della collina. Ciò probabilmente in conseguenza dell'espansione urbanistica che la colonia conobbe nella prima metà del III secolo d.C., grazie alla promozione istituzionale e alla liberalità degli imperatori della dinastia dei Severi, artefici del rilancio economico e monumentale di questo e altri centri dell'Africa proconsolare.
I luoghi di ritrovamento delle iscrizioni funerarie sembrano confermare questa tendenza giacché se una delle necropoli che ha restituito una cospicua documentazione epigrafica era posta ad ovest del centro abitato presso l'arco di Severo Alessandro, comunque in posizione soprelevata, altri luoghi di sepoltura, sorgevano ai piedi della collina, a sud nella zona del fondovalle, presso la riva destra dell'oued Arkou e ad est alla confluenza tra questo corso d'acqua e l'oued Bou Zaroura.
Alla fine dell'800 l'interpretazione della situazione archeologica delle necropoli era ancora chiaramente leggibile, se si pensa che molti dei monumenti epigrafici che segnalavano la presenza di sepolture risultavano in situ: più di 60 ebbe l'occasione di vederne il Carton, l'ufficiale medico francese di Teboursouk, lungo la via che attraversava l'arco di Severo Alessandro e altri 62 nelle necropoli alla base della collina. I monumenti, costituiti principalmente da stele apparivano disposti, nella zona della necropoli presso l'arco, in una serie di filari affrontati lungo viottoli paralleli o perpendicolari alla strada principale, mentre molti di quelli delle necropoli ai piedi della collina apparivano raggruppati attorno a dei mausolei.
Le tre principali necropoli pagane mostrano una continuità d'uso per i primi tre secoli dell'impero, come testimonia la datazione di alcuni epitafi. Maggiormente complesso risulta il discorso relativo ai luoghi di sepoltura cristiani: le 27 iscrizioni censite, molte delle quali frammentarie, sono state rinvenute sparse nell'area urbana, alcune reimpiegate nelle strutture islamiche adiacenti all'arco di Severo Alessandro e altre come quella di Basilius ritrovate probabilmente nella zona originaria di collocazione, presso la basilica paleocristiana, dove successivamente è sorta, sfruttando parzialmente la struttura perimetrale antica, dapprima una moschea islamica poi la zaouia, il mausoleo, di Sidi Mohammed Salah.
Con ogni probabilità l'epoca tardoantica coincise con un graduale restringimento dello spazio urbano, che andò vieppiù accentuandosi nel corso del tempo, nel segno di un mutamento della concezione urbanistica, forse dovuto non solo ad un'inarrestabile decadenza della città di Uchi Maius. Ad epoca bizantina risale la tomba di Generosa, una giovane donna il cui nome si è potuto ricavare grazie all'anello che faceva parte del corredo funerario. La sepoltura, all'interno del perimetro urbano, lungo il versante orientale della collina, faceva parte di una necropoli bizantina sviluppatasi su un impianto produttivo di età vandalica, caduto in disuso. Erano ormai definitivamente tramontati dunque gli antichi rituali funerari pagani e paleocristiani: le necropoli sorgevano in luoghi diversi da quelli un tempo deputati: si trattava forse di piccole concentrazioni di sepolture attorno a luoghi di culto cittadini o a cappelle funerarie che riutilizzavano antichi edifici. Il ricordo dei defunti non era più affidato al messaggio epigrafico monumentale rivolto palesemente ai viatores ma per quanto sommessamente, anche l'anellino di Generosa ha consentito alla sua padrona di uscire dall'oblio dei secoli.
Le necropoli del territorio di Uchi Maius
Sin da quando era sorto, al principio del I secolo d.C., il centro romano, il pagus Uchitanorum Maiorum, con una sua precisa configurazione amministrativa, esso probabilmente si era ben presto affermato come uno degli insediamenti di maggior richiamo economico di quella che attualmente è denominata la zona dell'Alto Tell tunisino, segnata dal corso degli affluenti della Medjerda (antico Bagradas flumen). Un bacino produttivo, a vocazione agricola, costellato di minuscoli insediamenti limitrofi sul territorio. Tale dato risulta confermato anche dal fatto che dei 295 epitafi sinora rinvenuti (parte negli scavi
ottocenteschi e parte durante le moderne campagne di scavo, succedutesi negli ultimi dieci anni) e genericamente attribuiti ad Uchi Maius, un discreto numero proviene da necropoli non propriamente pertinenti alla città ma piuttosto collegate a piccoli insediamenti circostanti: quella della collina di El Ghennara ad esempio a circa 300 m. a nord-ovest di Uchi Maius come pure quella della valle dell'oued er-Rihana, affluente di destra dell'oued Arkou, con uno degli epitafi più antichi tra quelli compresi nel corpus delle iscrizioni funerarie di Uchi Maius: quello di Marc(ia) Conc(ordia). Ed ancora la piccola necropoli sulla riva sinistra dell'oued el Abiod a circa tre Km. a nord-est di Uchi Maius e quella di Aïn Mragga, 200 metri a NW da Bordj er-Rihana.
La necropoli di El Ghennara merita un'attenzione particolare perché, nella prima fase delle moderne campagne di scavo essa si presentava ancora praticamente intatta, con le lapidi funerarie in situ. L'onomastica delle iscrizioni ha consentito di rilevare i legami familiari che dovevano esistere tra gli abitanti del piccolo insediamento, del quale non è noto allo stato attuale delle ricerche il toponimo, e i vicini Uchitani: un caso fra i tanti è quello di Lucius Agrius Victor, appartenente ad una gens attestata in altri due epitafi provenienti da Uchi Maius ed ancora quello di Sextus Marius Silvanus con un gentilizio, che evocava l'antica colonizzazione mariana dell'area dell'Alto Tell, ampiamente diffuso anche ad Uchi Maius. A differenza di quanto si è detto per le necropoli di Uchi Maius, il piccolo cimitero di El Ghennara mostrerebbe una continuità d'uso anche per l'epoca paleocristiana, come indicato dal rinvenimento della iscrizione di [G]ratiosu(s).
Le iscrizioni funerarie di Uchi Maius
Incise per lo più su calcare duro rossastro e calcescisto, le iscrizioni funerarie di Uchi Maius sono in larga parte costituite da stele centinate a sviluppo verticale, alcune delle quali finemente decorate. La centina a forma semicircolare oppure triangolare presenta motivi decorativi ricorrenti: rappresentazioni di fiori a calice aperti, generalmente affrontati, separati al centro da fiori a quattro petali con bulbo circolare o anche a petalo unico e cornici destinate a definire il campo epigrafico, formate ad esempio da piccole edere concatenate. Tra le tipologie monumentali non mancano i cippi a tettuccio displuviato con timpano decorato da fiori a calice aperto, affrontati, separati da un fiore centrale, in linea con il motivo standard utilizzato per le decorazioni delle stele centinate.
Di particolare rilievo, per il loro valore simbolico funerario e per il fine artistico che si proponevano, gli elementi scolpiti sulla faccia anteriore e le facce laterali del cippo di Quintus Manlius Manlianus: in particolare un festone (anteriore e posteriore) con fiori a petali talvolta lanceolati opposti al classico motivo arcuato che potrebbe legarsi all'ideologia semitica della luna, accompagnata da elementi siderali, elemento di eternità in contrasto con la dissoluzione del corpo, e una roncola (faccia laterale destra) e forse un altro strumento (faccia sinistra) collegato all'agricoltura con riferimenti anch'essi alla simbologia funeraria.
Vanno ricordate poi le arule come quella con dedica al defunto Femuleius, ricordato attraverso un carmen in distici elegiaci. Il ripetersi di motivi decorativi e l'esecuzione tecnica degli epitaffi funerari, hanno fatto pensare ad un gusto comune diffuso presso le officine locali che servivano un bacino di utenza non solo cittadino ma rivolto anche al territorio circostante, perlomeno agli abitanti del centro che utilizzava la necropoli di El Ghennara. Le stesse maestranze erano probabilmente impegnate in committenze pubbliche e private. Sui manufatti rimane traccia degli strumenti utilizzati per la lavorazione: si nota ad esempio la sbozzatura effettuata con la subbia, l'apicatura realizzata con l'ugnetta.
Nel caso dell'iscrizione di Gaius Durvius Citinus, la lettera o il numerale V che compare dopo la sigla HSE (hic situs est) potrebbe essere forse ricondotto ad un marchio di fabbrica (sempre che non si tratti di un elemento che richiama l?appartenenza ad una sodalitas).
Gli studi in corso hanno riguardato anche la paleografia: l'incisione delle lettere non segue un canone uniforme: si passa da lettere molto regolari ed eleganti con solco tondeggiante o triangolare a lettere irregolari; il solco è generalmente poco profondo. In alcune iscrizioni le lettere sono apicate e pedicate; la scrittura varia dalla capitale corsiva alla capitale rustica e alla capitale allungata.
La punteggiatura è comunemente puntiforme ma vi sono esempi di interpunzione a spina di rosa. I formulari adottati ad Uchi Maius per gli epitafi risultano essere abbastanza semplici, caratterizzati dalla comune formula di apertura del testo D(is) M(anibus) s(acrum), che poneva il sepolcro sotto la protezione degli Dei Mani, seguito dal nome del defunto in caso nominativo, quasi sempre accompagnato dall'aggettivo pius. Segue l'indicazione biometrica, espressa dalla formula vixit annis premessa alle cifre del numerale e la formula finale h(ic) s(itus) e(st). Nelle iscrizioni sino ad oggi ritrovate non sono presenti esempi di formulari che contemplino il riferimento al dedicante dell'epitafio. Non mancano le anomalie, le particolarità e gli errori come ad esempio alcune indicazioni quantomai approssimative del dato biometrico: plurimos an(nos) vixit oppure vix(it) annis tot. Un recente studio di demografia antica ha accertato per Uchi Maius la presenza frequente di ottuagenari e di centenari, tanto da rendere l?orizzonte epigrafico locale assolutamente esemplare: la città dei macrobii in realtà doveva semplicemente rispondere alla consuetudine africana della segnalazione negli epitafi delle fasce più alte d'età a discapito della rilevazione della mortalità infantile e di quella riguardante l'età media.
Il quadro etnico-sociale
L'articolazione del corpus sociale di Uchi Maius, rispecchiata dai dati presenti nelle iscrizioni funerarie, pare condizionata dalle vicende storiche, dagli assetti amministrativi, dai fenomeni di immigrazione che caratterizzarono la vita della città. Le componenti etniche e sociali rappresentate dalla documentazione epigrafica risultano principalmente costituite da elementi indigeni africani, numidi e punici e da immigrati romano-italici provenienti da diverse aree della penisola, soprattutto dall'Italia centrale con probabili concentrazioni di flussi dall'Etruria laziale. L'originaria componente locale africana è testimoniata da una serie di cognomina di ascendenza libico-punica quali Diabullus, Mustulus, Nampamo, Forsum e da nomi unici: Atiutor, Ceserus e Nampamina. Alcuni nomina quali sono di chiara origine etrusca, un ulteriore segnale della vitalità e della presenza capillare della comunità etrusca d'Africa, presente su tutto il territorio di Cartagine sin dalla conclusione della guerra giugurtina.
La romanizzazione e soprattutto l'integrazione interetnica dell'area dell'Alto Tell tunisino sembrerebbe rimontare ad un'epoca piuttosto precoce, ai primi anni del I secolo d.C. ed essere avvenuta senza eccessivi traumi dal momento che il territorio numida aveva già da tempo conosciuto la presenza di immigrati italici e delle loro famiglie, grazie alla politica di assegnazioni di terre attuata prima da Mario e poi da Cesare. L'integrazione è evidente laddove si incontrano negli epitafi formule onomastiche costituite da elementi latino-romani e indigeni come nel caso ad esempio di Sextus Aemilius Forsum, cognome quest'ultimo composto da una radice libica o ancora come nel caso di Cluvia Diabulla, cognome derivato dal punico Zabullus. Un incremento del processo di romanizzazione è documentabile poi grazie alle frequenti attestazioni di gentilizi imperiali quali Iulius, Flavius e Aurelius. Le due anime (quella della cultura locale e della cultura romana importata) sembrano aver dato vita ad una koiné che non ha del tutto obliterato il tessuto socio-culturale e le tradizioni indigene della piccola comunità agricola dell'antico regno numida.
Sembrerebbe poi attestata una emigrazione locale da Cartagine verso l'interno della provincia: numerose sono infatti negli epitafi le attestazioni di tribuli dell'Arnensis, la tribù dei cittadini della capitale provinciale. Troppo aleatoria al fine di individuare altri eventuali flussi migratori è la valutazione relativa ai cognomina di origine etnico geografica, pure ben presenti ad Uchi Maius. Una delle principali attività lavorative alle quali era dedita la popolazione era quella della produzione agricola, soprattutto granaria, come si può desumere ad esempio dall'attestazione in un epitafio del cognome Messor un nomen agentis, diffuso in tutta l'Africa, da mettere in relazione con l'attività di mietitura svolta dai contadini-braccianti nei numerosissimi saltus imperiali e praedia privati del territorio di Uchi Maius.
Paola Ruggeri, Cecilia Cazzona, Esmeralda Ughi
Testo tratto dal catalogo della mostra "La collina dei sotterranei. Un decennio di scavi in Tunisia" (Sassari, Tunisi, Rabat 2004).